Calcio fermo per la morte del Papa: tra rispetto e disappunto, i tifosi restano i grandi dimenticati

Pubblicato il 22 aprile 2025 alle ore 09:59

La decisione della FIGC di sospendere tutte le partite di calcio in programma nella giornata di Pasquetta – dalla Serie A fino ai campionati dilettantistici – in segno di lutto per la morte di Papa Francesco, ha generato un acceso dibattito sui social e tra gli appassionati. Da un lato c’è chi ha accolto con rispetto e condivisione lo stop imposto, ritenendolo un gesto doveroso per onorare la memoria del Pontefice. Dall’altro, però, molti hanno sollevato critiche, puntando il dito contro la mancanza di preavviso e la scarsa considerazione verso i tifosi, soprattutto quelli che avevano già investito tempo e denaro per seguire la propria squadra in trasferta.

 

Il calcio italiano è stato l’unico in Europa a fermarsi completamente, suscitando ulteriori interrogativi su una scelta che, in uno Stato formalmente laico, appare ancor più controversa. Il problema, secondo molti osservatori, non risiede tanto nel merito della decisione, quanto nel modo e nei tempi con cui è stata comunicata: l’annuncio dello stop è arrivato a ridosso delle partite, quando ormai migliaia di tifosi erano già in viaggio o avevano fatto sacrifici organizzativi per essere presenti allo stadio.

 

In una materia così delicata, dove si intrecciano sentimenti personali, valori spirituali e dinamiche sociali, è difficile tracciare una linea netta tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Ma è proprio per questo che forse si sarebbe potuto – e dovuto – trovare un compromesso più equilibrato. Un minuto di silenzio, il lutto al braccio, un rinvio simbolico di quindici minuti all’inizio delle gare: soluzioni che avrebbero consentito di rendere omaggio al Papa senza penalizzare inutilmente chi, come sempre più spesso accade, è l’anello più debole della catena calcistica italiana.

 

Ancora una volta, infatti, a pagare il prezzo più alto sono stati i tifosi da stadio. Quelli che, tra divieti, limitazioni e rincari, affrontano ogni settimana una vera e propria corsa a ostacoli pur di sostenere dal vivo la propria squadra. E che, anche in questa occasione, si sono visti trattare più come un problema da gestire che come una risorsa da valorizzare.

 

Nel rispetto di tutte le sensibilità, resta la perplessità per una decisione che, per come è stata assunta, ha lasciato l’amaro in bocca a molti. E ha ricordato, ancora una volta, quanto poco contino i tifosi nell’agenda del calcio italiano.

Roberto Rizzuto

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