OPINIONI. Stop del calcio: quando la laicità va a intermittenza

Pubblicato il 22 aprile 2025 alle ore 11:00

Ieri mattina avevamo già il biglietto in tasca e la sciarpa pronta. Avevamo promesso ai parenti: “Niente stigghiola, oggi si va allo stadio.” Un lunedì di Pasquetta sacrificato sull’altare del pallone. Poi, la notizia. Secca, pesante: “È morto il Papa.”

 

Un sussulto. Uno di quelli che fanno abbassare la voce anche nella chat più casinista. Perché a Papa Francesco, nel profondo, volevamo bene. Anche chi lo aveva ascoltato di rado sapeva che era un uomo perbene, gentile, umano. Un argentino che parlava chiaro. Ci siamo fermati un istante, e poi, come spesso accade quando la realtà irrompe nella routine, la domanda è arrivata inevitabile: “E adesso si gioca?”

 

La risposta è arrivata dalla Federcalcio, lapidaria: tutto fermo. Dalla Serie A ai campi polverosi dei dilettanti. Tutto sospeso.

 

E allora il dibattito – inevitabile – si è acceso. “Ma siamo un Paese laico!”, scrive qualcuno su Facebook, indignato. Magari lo stesso che non mangia il pane per Santa Lucia.

 

“Rispetto per l’uomo, certo, ma non possiamo bloccare tutto,” sostiene un altro. D’altronde, a questo ci ha abituati il capitalismo: nessuna vita è più importante dello show business.

 

C’è poi chi accusa: “Per colpa della Chiesa corrotta si ferma il calcio?” — come se il pallone, con le sue combine, i suoi presidenti chiacchierati e le sue plusvalenze creative, fosse l’ultimo tempio rimasto incontaminato.

 

Ma forse il problema non è se si dovesse giocare o no. Forse il punto è un altro. È il riflesso condizionato con cui tiriamo in ballo la laicità ogni volta che una scelta collettiva ci tocca nel personale. Come se la laicità fosse uno scudo da sventolare quando ci fa comodo, e non un principio da vivere con coerenza. Ogni giorno. Anche nei silenzi. Anche nei lutti.

 

Comunque, alla fine è andata così. Siamo rimasti orfani del Palermo per una giornata. Ma di Bergoglio per sempre. E lui, no. Non possiamo recuperarlo a campionato finito.

Serafino Maniscalco

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